sotto la coltre oscura del cielo

Mi chiedo quale sia il numero infinito di volte in cui ho alzato gli occhi ad osservare le stelle.
Un gesto che credo accompagni l’esperienza di ognuno.
Il bisogno di infinito che ci portiamo dentro, bisogno di bellezza, di comunione con l’immensità.
Quei cieli delle notti lontane dalle luci che spengono le stelle. In cui il coro dei grilli sembra fare da cassa  di risonanza del mondo.
Cieli senza cornice, realmente infiniti. E non solo per gli occhi.

Poi…e le stelle? Cosa sono le stelle?

Un pensiero sottile, antico come le riflessioni della civiltà indiana.

Guarda il cielo, guardalo bene.
Un mare oscuro trafitto da buchi di luce.

E se quella coltre oscura la alzassimo, cosa rimarrebbe?
Un mare di sfavillio…
Le stelle sono buchi, buchi attraverso i quali percepire la vastità immensa della luminosità che sovrasta le nostre teste.
E basta un piccolo rovesciamento per ottenere un pensiero di una bellezza tragica, commovente.
Grande da soverchiare la capacità della ragione di percepirne la portata stessa.
Perché cambia, cambia tutto sentire che quando alziamo gli occhi al cielo quello che vediamo è il dono dell’intuizione…le stelle ci lasciano intuire, ci permettono di immaginare che se togliamo la nera coltre della notte sotto di essa possiamo navigare in una luce di una vastità infinita…

Le stelle sono buchi.
E attraverso quel buco, quando incollo il naso al cielo, io nuoto in una luminosità senza fine.

Om Shanti Om}