I segreti di Borgo Greteso
- Posted by Valeria Bellobono
- on Apr, 12, 2012
- in Laboratorio di poesia
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Tanto, tanto tempo fa, in un Paese lontano che confinava a nord con il mare, a sud con il deserto, ad est con la foresta e ad ovest con la fantasia, si trovava un delizioso borgo chiamato Greteso.
Tutti gli abitanti vivevano tra loro in pace ed armonia, coltivando i propri sogni ed interessi o, semplicemente, un rigoglioso orticello. Insomma, Greteso era proprio un bel posticino, anche se, al calar della notte, accadeva qualcosa di veramente strano. Appena il buio aveva avvolto intorno a sé ogni cosa, almeno uno degli abitanti, con aria circospetta, scivolava via dal proprio giaciglio, scendeva le scale e si precipitava in strada, magari con una candela in mano che gli facesse luce. Poi si dirigeva, guardandosi intorno, verso il pozzo che si trovava ai piedi di una grande quercia all’interno del Parco delle Ghiandoline, e sollevato il coperchio di un vecchio baule, che avrà avuto più di 100 anni, avvicinava il viso e sussurrava qualcosa, richiudendolo immediatamente dopo. Al termine dell’operazione, la persona tornava verso casa, risaliva le scale e si rimetteva a dormire, sorridendo finalmente, tranquilla e appagata. Leggera. Cosa mai raccontava al baule la gente del villaggio? Di quale peso si liberava?
Dovete sapere che il baule in questione, in realtà, altro non era che il confidente di tutti i segreti dell’intero borgo. “La signora Maria porta la parrucca!” confessava uno mettendosi la mano davanti alla bocca. “Mio zio gioca ancora con i trenini di latta!” diceva un altro guardandosi intorno. “La mia vicina di casa fa esperimenti di magia il sabato pomeriggio!” sussurrava un altro ancora, mentre accarezzava un grosso rospo incerottato. “Mio cognato si mette le dita nel naso!” raccontava una signora scandalizzata.
Fatto sta che ciascuno aveva il suo e così, ogni notte il baule si alimentava di segreti, confessioni e chiacchiere di ogni genere. Al suo interno, tutte queste confidenze stavano al sicuro, belle strette l’una all’altra, e in questo modo nessuno avrebbe mai potuto conoscere ciò che era stato nascosto al suo interno. Così, il via vai notturno continuava e il baule ingrassava, cresceva e si gonfiava, finché un giorno, non riuscendo a contenerne uno veramente troppo grosso, che riguardava il primo cittadino, scoppiò, lasciando fuggire tutti i segreti che aveva custodito per una vita. Tutte quelle frasi, che erano rimaste chiuse per giorni, mesi e addirittura decenni, corsero via felici, ridacchiando e mescolandosi nell’aria, creando non pochi problemi alla circolazione. Ma la cosa più sorprendente era un’altra. Le varie parole, che erano state a contatto fra di loro, stipate e schiacciate, non ricordavano più quale fosse l’esatta posizione che dovessero occupare, per cui le frasi, quando vennero fuori, erano completamente confuse. Quindi si ascoltava “Mio padre indossa le ali delle falene” e poi “La signora Pierino gioca con i calzini bucati” e ancora “la sorella del flauto magico ha rotto le righe” oppure “Le corde sono state rubate dal trenino di latta” e così via. Tra l’ilarità generale, tutti erano ben contenti che i propri segreti non fossero svelati, a parte il sindaco, il cui segreto era così pesante e recente da essere rimasto intatto. “Il borgomastro colleziona brutte figure e parole al vento. Le raccoglie in un album e le sfoglia compiaciuto ogni sera”. Questa confidenza, dispettosa e piena di energia, svolazzava sulle teste di tutti i cittadini, che ridevano divertiti e sbeffeggiavano il sindaco, che alla fine era comunque un bonaccione e la prese a ridere anche lui. Il pover’uomo, rosso per l’imbarazzo, promise comunque a se stesso di non inciampare più durante i comizi e di non assicurare la merenda per tutti ogni giovedì…
Gli abitanti così, dopo un po’ si abituarono a quelle parole sconclusionate che vagavano per il borgo e quando si fece buio andarono a rintanarsi nelle loro case per riposarsi. Quella notte però, nessuno riuscì a dormire, dato che tutti i segreti erano ancora agitati per la libertà ritrovata e chiacchieravano, ridacchiavano e pian piano si ricomponevano, trovando i loro pezzi mancanti e confessando a gran voce le birichinate, i vizi e i capricci di Aldo, Geppo e Alvise.
Bisognava correre ai ripari e quello che trovò la soluzione fu proprio il buon Geppo, altrimenti chiamato Geppetto, che di mestiere faceva il falegname e che conoscerà la fama in un’altra fiaba ben più nota di questa.
In fretta e furia corse nel suo laboratorio, visibilmente scocciato che tutti ora sapessero che nel tempo libero fabbricava burattini. Prese un grosso pezzo di legno, martello, chiodi e scalpello e in men che non si dica, forgiò uno splendido baule, molto più grande del precedente. Ora i segreti sarebbero stati molto più comodi e non avrebbero certamente più avuto il desiderio di andare in giro.
Ma bisognava convincerli ad entrare nella nuova dimora. Tutti stavano pensando al da farsi, quando una vecchia signora ebbe un’idea. Aveva un segreto delizioso proprio sulla punta della lingua e doveva raccontarlo a qualcuno, prima che uscisse dalla sua bocca e andasse a passeggio con gli altri. Si avvicinò al baule e sussurrò qualcosa per un intero minuto. Doveva essere davvero appetitoso e importante, perché tutti gli altri segreti, appena lo videro entrare, si accalcarono accanto al baule, spintonandosi per entrare a conoscere il nuovo arrivato. Inutile dire che il baule era davvero comodo e bello e nessuno di loro volle più uscire di lì. E poi, ciò che raccontò l’anziana donna, vi garantisco che meritava di essere conosciuto.
Cosa rivelò mai questa geniale e inconsapevole eroina del villaggio, che salvò i propri concittadini dall’insonnia e dai pettegolezzi che sarebbero immediatamente circolati?
Mi dispiace, questo non posso proprio raccontarlo. Sapete, è un segreto…
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