06 giugno 2007: Il Circolo intervista Bepi Vigna
- Posted by Cristiano Sabbatini
- on Giu, 14, 2007
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Bepi Vigna, all’anagrafe Giuseppe, nasce il 24 luglio del 1957 a Baunei, in provincia di Nuoro, tra le splendide cale e le acque cristalline della Sardegna. Appassionato di cinema e fumetti, collabora fin da ragazzo con periodici sardi occupandosi di recensioni cinematografiche e televisive. Si laurea poi in giurisprudenza, ed il sudato “pezzo di carta” gli apre le porte della carriera forense che praticherà per cinque anni, finchè la musa dell’ispirazione bussa alla sua porta e lo strappa dalle grigie aule di tribunale per proiettarlo in un mondo più consono alle sue inclinazioni creative. Un mondo che prende le forme colorate del gruppo fumettistico “Bande Dessinèe”, che Vigna fonda insieme con Michele Medda ed Antonio Serra, incontrati presso il centro culturale “Il Circolo” negli anni ’80. È un incontro fortunato quello tra i tre autori, l’inizio di un produttivo sodalizio artistico che partorirà progetti importanti per il fumetto italiano. Il 1985 rappresenta l’anno della svolta: il trio dei Sardi, appellativo con il quale i tre autori sono noti nell’ambiente, incontra Alfredo Castelli, collaboratore della nota casa editrice Bonelli e sceneggia per lui una storia di Martyn Mistere, “Il mistero del nuraghe”, riadattando uno scritto di Vigna che aveva in oggetto argomenti legati alla tradizione popolare sarda. Questo è un momento decisivo nella vita artistica di Vigna, in quanto entra in contatto con Sergio Bonelli, la cui casa editrice rappresenta un elemento fondamentale nel paesaggio fumettistico italiano; vera e propria fucina di talenti, la Bonelli vanta infatti nella sua scuderia titoli importanti come Tex, Martyn Mistere, il più giovane Dylan Dog e tanti altri, mostri sacri della produzione cartacea del bel paese. Vigna inizia così a collaborare alle testate della Bonelli, tra le quali Dylan Dog, uno dei suoi fumetti di punta che vanta un largo seguito tra le masse di lettori.
Nel 1988, insieme con Medda e Serra, presenta a Bonelli il progetto di un nuovo personaggio le cui storie, ambientate nel futuro, andrebbero a coprire l’unico settore ancora vuoto nella produzione della casa editrice milanese, quello della fantascienza.
È così che viene concepito Nathan Never.
È un eroe atipico quello che esce dalla penna dei tre Sardi, profondo e riflessivo, destinato a confrontarsi con il mondo esterno ma anche con se stesso.
Personaggio complesso e dai toni più maturi rispetto ai suoi “colleghi” bonelliani, Nathan Never si muove in un futuro non troppo lontano, figlio di un mondo tecnologico e moderno del quale però non si sente parte completamente integrata.
Legato a elementi di un passato ormai superato, Nathan Never rappresenta quasi un ponte tra questo passato, che per noi è presente, ed il futuro in cui vive.
Il progetto risente delle suggestioni di Vigna verso la produzione fumettistica del Sol Levante ma anche della sua cultura cinematografica, elementi che sicuramente rivivono tra le pagine di Nathan Never.
L’idea di questo nuovo personaggio, approvata da Bonelli, si trasferisce dalla mente dei tre Sardi alla carta, in un processo di osmosi creativa che da alla luce il primo albo della serie, il mitico “Agente speciale Alfa” che fa il suo debutto nelle edicole italiane nel giugno del 1991, sotto gli occhi trepidanti di migliaia di lettori che attendevano con ansia e curiosità l’uscita dell’albo.
Disegnato da Castellini, già collaboratore della Marvel, l’albo ha un successo così grande da lasciare felicemente stupito lo stesso Vigna.
Un ottimo inizio per un titolo che ancora oggi, a sedici anni da quel felice esordio, non cessa di appassionare la folta schiera dei suoi lettori.
Seppure punto elevato del percorso artistico di Vigna, Nathan Never non ne segna però il traguardo.
Figura molto attiva e decisamente poliedrica, Vigna fonda nel 1993 a Cagliari una scuola di fumetto, la prima in Sardegna, dando così ai giovani artisti locali un punto di riferimento importantissimo per le loro aspirazioni creative.
Più recentemente si lascia catturare dalla “rete” informatica, partecipando alla creazione di una casa editrice di fumetti on line, la Hybris Comics, non lasciandosi sfuggire le potenzialità comunicative che un mezzo come internet può offrire.
Autore decisamente importante e dalle mille sfaccettature, Vigna è stato in grado di cogliere e trasferire nelle sue storie elementi caratteristici della cultura popolare italiana, del cinema e della letteratura, adattandoli ai suoi personaggi, testimoni credibili dei suoi messaggi.
Con la sua scuola del fumetto di Cagliari ha inoltre fornito un importantissimo mezzo di crescita per i giovani talenti nostrani, fornendo loro una preziosa palestra in cui cimentarsi e crescere.
1. Leggendo il suo curriculum si vede che ha una laurea in giurisprudenza e che per 5 anni ha anche esercitato la professione. Come mai ha smesso? Rimpiange di averlo fatto?
No, non lo rimpiango affatto. Mi piaceva anche fare l’avocato, ma scrivere è più divertente (anche se non meno impegnativo).
2. Quale è stata la prima sceneggiatura che ha scritto?
Le primissime le ho scritte che ero davvero un ragazzino, affidandole ad amici che ritenevo bravi nel disegno. La prima ad essere stata pubblicata una storia di Martin Mystére… credo. Sono più di venticinque anni che facio questo lavoro, la memoria non è più buona.
3. Quale è stato il suo percorso creativo e come è riuscito a trasformare un hobby in una professione?
Verso i quattordici anni ho deciso che volevo scrivere professionalmente e per imparare il mestiere mi sono imposto di riempire ogni giorno almeno una pagina di quaderno. Scrivevo di tutto: racconti, recensioni di film e libri, riflessioni su ogni argomento. Un giorno, preso dallo sconforto, perché non vedevo apprezzabili miglioramenti, ho buttato tutto quel materiale nella pattumiera. Poi ho iniziato a collaborare con qualche giornale, di solito gratis, scrivendo articoli sul cinema e sulla televisione. Quando hanno iniziato a pagarmi ho capito che forse qualcosa stava cambiando. Un giorno, per puro caso, ho iniziato anche a collaborare con una casa editrice di fumetti per adulti, a cui mandavo soggetti per storie dell’orrore. Non so neanche se ne abbiano mai pubblicato qualcuna.
4. Insieme con Medda e Serra siete definiti la “Banda dei Sardi”, visti i comuni natali. In quale occasione vi siete conosciuti e come è nato e si è sviluppato nel tempo il vostro sodalizio professionale?
Io e Antonio Sera frequentavamo Cagliari un circolo dove si era formato un gruppo di appassionati di fumetti. Fu lì che conoscemmo Michele Medda, Vanna Vinci, Otto Gabos ed altri. Io, all’epoca, ero l’unico che scriveva, tutti gli altri erano più interessati al disegno. Un giorno, abbiamo conosciuto Alfredo Castelli, e ci è venuta l’idea di proporgli un soggetto per Martin Mystére. Rielaborammo una storia che avevo scritto per Antonio Serra, basata su alcune leggende di Baunei, il paese dove sono nato. Castelli utilizzò quella storia e iniziammo a collaborare con lui scrivendo alcuni testi dell’Almanacco del Mistero e altre piccole cose.
5. In quali circostanze è avvenuto l’incontro con Sergio Bonelli e come è nata la vostra collaborazione?
Castelli ci conigliò di contattare la Bonelli e noi inviammo dei nuovi progetti per Martin Mystére. Tiziano Sclavi, che all’epoca lavorava in redazione, li lesse e ci propose di riadattarli per la sua nuova serie, Dylan Dog. Qualche ano dopo, poi, presentammo a Bonelli il progetto di Nathan Never e venne accettato.
6. Quale pensa sia stato e sia il ruolo della casa editrice Bonelli nel panorama fumettistico italiano?
Fondamentale. Bonelli è il fumetto italiano! Io credo che sia l’editore che ha dato dignità al racconto popolare, che nel nostro paese non aveva mai incontrato fortuna. Credo che Tex sia la vera icona del racconto popolare italiano, anche più dei personaggi di Salgari.
7. Quali sono i titoli in cui ha collaborato nell’ambito della casa editrice?
Oltre Dylan Dog e Martin Mystére ho scritto una storia di Nick Raider, una storia di Zagor, qualch Zona X… e poi Nathan, Legs, Agenzia Alfa e Asteroide Argo.
8. Tra i tanti fumetti della Bonelli uno dei più amati è stato sicuramente Dylan Dog. Forse la chiave di tale successo sta nel processo di identificazione che i giovani hanno sviluppato nei confronti di tale personaggio. Cosa pensa in proposito, si aspettava tale successo?
Nessuno allora poteva immaginarlo… perché nessuno aveva capito la genialità di Tiziano Sclavi, capace di fare poesia utilizzando materiali della cultura di massa come gli splatter-movie, mischiando il racconto popolare a tematiche importanti.
9. Il 1 giugno 1991 è stata una data molto importante. Nelle edicole italiane ha fatto la sua comparsa Nathan Never. Come ha vissuto tale momento?
Con molta emozione e anche stupore per l’incredibile successo. Un’esperienza che sono felice di aver vissuto.
10. N.N. è in assoluto il primo fumetto di fantascienza uscito dalla scuderia di casa Bonelli. Da dove è nata l’idea di questo personaggio e come è stata accolta da Sergio Bonelli?
Volevamo creare un nostro personaggio e ci siamo mesi a studiare la cosa con molta cura. Fare una serie genere fantascientifico era quasi obbligatorio, dato che era l’unico settore dell’avventura che in quel momento, alla Bonelli, era scoperto. Abbiamo cercato di mettere insieme gli spunti migliori tratti dalle differenti idee che ciascuno di noi aveva in quel momento. Un lavoro fatto a tavolino, se vogliamo, ma dove c’era anche molta passione.
Bonelli ha dato fiducia a tre ragazzi con poca esperienza che gli proponevano una nuova serie. Considerato il fatto che Nathan è ancora uno dei fumetti più letti, bisogna dire che il nostro editore ha avuto un ottimo fiuto.
11. Il fumetto ha riscontrato un notevole successo che poi si è consolidato nel corso degli anni successivi. Quale pensa sia stata la chiave di tale successo? Crede si possa parlare di un processo di identificazione simile a quello di Dylan Dog o bisogna cercare altrove le motivazioni?
Certamente il successo di Dylan Dog ha aiutato anche noi. Si era creata, infatti, molta attesa per la nuova serie fantascientifica della Bonelli. Credo chi sia noi che l’editore siamo stati abbastanza bravi a non deludere (almeno non del tutto) le attese dei lettori. Il processo di identificazione dei lettori col personaggio è molto differente rispetto a Dylan Dog. Il personaggio di Sclavi è una metafora dell’adolescenza, il nostro no. In Nathan la metafora è più spostata sulla realtà. Il mondo dove vive il nostro personaggio è un riflesso deformato ed esasperato di quello reale.
12. Il primo numero di N.N. ha visto ai pennelli un autore importante come Castellini, il cui tratto maturo sicuramente subisce l’influenza del fumetto americano (mi riferisco soprattutto ai personaggi della Marvel). Come è caduta la scelta proprio su di lui?
La caratterizzazione del personaggio è stata decisa e discussa da me, Michele e Antonio, e vi hanno partecipato in varia misura molti disegnatori (da Michele Pepe a Dante Bastianoni) a cui abbiamo chiesto di provare a visualizzavano le nostre idee. Castellini ha realizzato i model sheet dfinitivi, sulla base di schizzi e indicazioni fornite da noi. Castellini ci piaceva perché aveva un segno spettacolare, pieno di energia. Lo vedevamo in linea col pubblico a cui intendevamo rivolgerci. Avevamo già collaborato con lui su Dylan Dog e così chiedemmo all’editore di dirottarlo sulla nostra serie.
13. Per il personaggio di Dylan Dog spesso si è detto che ci si è ispirati nei tratti somatici all’attore inglese Rupert Heverett ed in effetti la somiglianza si nota. Esiste un modello anche per N.N.?
No. I primi disegni sul personaggio vennero fatti da un disegnatore sardo, che aveva pubblicato su Alter Linus, Pier Luigi Murgia, a cui dicemmo di ispirarsi a Mickey Rourke. Ma venne fuori una faccia molto diversa. Abbiamo lavorato con altri correggendo quegli schizzi iniziali e alla fine il risultato è stato quello che conosciamo.
14. N.N. è un personaggio complesso. Figlio di un tempo dominato da una tecnologia che sembra spianare la vita dell’uomo rispondendo a tutte le sue esigenze; N.N. fin dalle prime battute in tale mondo si muove goffamente, più ancorato al passato che non proiettato verso il futuro, nostalgico ed allo stesso tempo un po’ malinconico. Come ci spiega quest’aspetto del personaggio? E’ forse la metafora dell’uomo moderno incapace di cavalcare l’onda del mutamento di tempi troppo frenetici?
Nathan riflette lo steso senso di inquietudine dell’uomo moderno. E’ un personaggio che ha delle contraddizioni, che si trova a disagio in un mondo che è cambiato troppo velocemente. Non un personaggio tutto d’un pezzo, ma sfaccettato, con dubbi, debolezze, ma anche principi forti a cui restare ancorato.
15. N.N. non appare come un eroe classico dai contorni precisi, senza macchia e senza paura. Al contrario di macchie ce ne sono ed offuscano il suo passato caratterizzato da scelte discutibili ed eventi traumatici che rivivono nel suo difficile rapporto con se stesso e con la figlia. Tematiche mature e profonde che accompagnano il personaggio nella sua evoluzione. Ci parli della scelta di tale caratterizzazione.
Perché il personaggio fose credibile abbiamo cercato di immaginarne la psicologia. Nathan si sente in colpa per quanto è sceso alla figlia e alla moglie e ha maturato una personalità autodistruttiva, che lo porta a lanciarsi in imprese al limite del possibile. Lavorare all’Alfa è la sua maniera per espiare i peccati.
16. La tecnologia che compare nel fumetto è frutto solo della fantasia o ci sono elementi che traggono spunto da studi reali e fattibili?
Tutto parte da una base scientifica. Nella fantascienza la fantasia ha questo preciso confine.
17. Un ruolo essenziale nelle sceneggiature dei fumetti di casa Bonelli spesso lo giocano le citazioni. Evidenti nelle storie di Dylan Dog ad esempio sono i richiami al cinema, alla letteratura ed alla musica. Anche in N.N. si riscontrano tali citazioni che spesso richiamano autori come Asimov o classici della letteratura come Conrad (vedi “Cuore di tenebra”). Notevoli sembrano inoltre i richiami a pellicole come Blade Runner, soprattutto nelle ambientazioni, nella caratterizzazione della metropoli fumosa e multietnica all’interno della quale si muove N.N. o ad Alien, altra pellicola di Ridley Scott, o a film come fuga da New York, vedi albo “La zona proibita” o addirittura classici come i “Tre dell’operazione drago”. Ce ne può parlare? Quali sono le sue suggestioni e gli autori che maggiormente la hanno influenzata e l’influenzano?
Sia io che i miei due colleghi, prima di essere lettori di fumetti siamo lettori a tutto tondo. Inoltre tutti e tre siamo grandissimi appassionati di cinema. Quando scrivi, soprattutto quando lavori nell’ambito della narrativa popolare, non puoi fare a meno di essere un lettore e uno spettatore omnivoro. Ed è inevitabile che suggestioni e riferimenti che derivano da film e libri che si amano finiscano nelle storie. Nel caso di Cuore di Tenebra, mi intrigava fare una versione a fumetti di uno dei miei libri preferiti. La saga di Athos Tan era un omaggio al cinema di kung fu, che negli anni Settanta, quando era un ragazzo, mi aveva colpito molto. Sia un film come Blade Runner, sia i romanzi di William Gibson erano assolutamente imprescindibili per chi voleva fare fantascienza nei primi anni Novanta.
Per quanto riguarda gli autori che mi hanno influenzato non saprei dire. Mi hanno influenzato molte cose… anche roba che apparentemente è molto distante da Nathan, come Raymond Chandler, o Frank Herbert (quello di Dune). Tra i fumetti ho amato molto 2001 Night, Watchmen, e Valerian di Christin e Mézieres.
18. Un fumetto nasce dalla stretta collaborazione tra lo sceneggiatore ed il disegnatore. N.N. oltre ad un solido impianto narrativo può vantare un’ottima veste grafica con disegnatori notevoli come Castellini, De Angelis, Casini solo per citarne alcuni. Come si svolge il lavoro di creazione dell’albo e come si sviluppa la collaborazione tra i due attori del processo creativo? Quanta libertà ha di fatto il disegnatore nell’elaborazione delle tavole rispetto ai dettami dello sceneggiatore?
Dovrei dire poca libertà, perché è lo sceneggiatore che decide che cosa va disegnato. In realtà, lavorando con disegnatori di una certa esperienza e con cui c’è un certo affiatamento, si collabora abbastanza. Di solito cerco di scrivere delle stoie che si adattino non solo allo stile, ma anche ai gusti e agli interessi di chi le deve disegnare.
19. I fumetti del Sol Levante, i manga, hanno giocato un ruolo essenziale nel fumetto fantascientifico, sia nella veste grafica che nei temi trattati. Mi riferisco a classici della produzione nipponica come Mazinga, Goldrake, Gundam etc…, ma anche a opere più vicine a N.N. come Xenon o i visionari Appleseed e Gost in the Shell di Masamune Shirow. Qual è il suo rapporto con la produzione nipponica? Quali crede siano state le sue influenze su N.N.?
Io e i miei colleghi siamo stati tra i primi, in Italia, a studiare i manga, che ci facevamo arrivare dal Giappone, spendendo cifre per allora veramente folli. Ricordo anche intere serate passate a discutere sui primi fumetti giapponesi apparsi in Italia su Eureka (Golgo 13 di Takao Saito), o a visionare cassette in di cartoni animati, spesso in pessimo stato, a casa di Vanna Vinci, l’unica del nostro gruppo che disponesse di un videoregistratore. Quando stavamo progettando la città di Nathan, in Italia non era ancora uscito Akira, di Otomo e utilizzammo qualche disegno dei palazzi avveniristici che comparivano in quella stoia per dare ai disegnatori un’idea del tipo di ambiente urbano che volevamo visualizzare. Influenze quindi ce ne sono state sicuramente, anche a livello inconscio, perché eravamo anche lettori di manga.
20. Parlando sempre di veste grafica, N.N. sembra influenzato sia dai manga giapponesi che da autori come Giger, disegnatore svizzero curatore della scenografia di Alien e visionario illustratore di un mondo dove tecnologia e tessuti biologici convivono in una pulsante fusione di carne e acciaio. Tali scelte sono di esclusiva competenza dei disegnatori o seguono suggerimenti e indirizzi dettati dagli sceneggiatori?
Tutto è sempre dettato dagli sceneggiatori. Più che Giger, però, a influenzarci è stata la letteratura cyberpunk degli anni Ottanta, dove la simbiosi uomo-machina era una costante. Potrei citare anche un film come Tetsuo.
21. Rimanendo ancora sul piano grafico, a volte N.N. è stato accusato di plagio riportando nelle sue tavole elementi presi dalle pagine di famosi ed apprezzati manga. In quel caso si è parlato di semplici citazioni dovute all’ammirazione e all’ influenza che tali lavori suscitavano nei disegnatori accusati. Cosa pensa in proposito? Dove crede debba essere individuato il limite tra citazione e plagio?
Nathan Never non è mai stato accusato di plagio. Il fatto che qualche volta ci si possa ispirare graficamente a qualche elemento presente in altri fumetti può accadere, anche perché non si inventa mai nulla di nuovo. Ho già detto che, nelle prime storie, per il look della città abbiamo guardato speso ad alcune architetture presenti in fumetti giapponesi come Akira. Ma questo è normale. In realtà è stato soprattutto Nathan ad essere “saccheggiato” da altri autori, anche stranieri, che hanno copiato il tecnical design, il costume dei personaggi e in qualche caso anche la fisionomia. Qualcuno forse ricorda il testimonial di una nota ditta di calzature che rifaceva, in maniera abbastanza esplicita (seppure chiave caricaturale) il nostro personaggio, per trasmettere l’idea di “uomo del futuro”. Ma non parlerei di plagio. E’ inevitabile che certi prodotti narrativi di successo diventino un riferimento per chi si cimenta in ambiti attigui. La citazione è qualcosa di più… è un omaggio riconoscibile (e sottolineato) a qualcosa che ha influenzato l’autore e che lui apprezza.
22. In questo gioco di rimandi e citazioni spesso anche il cinema ha tratto beneficio dal fumetto. Mi riferisco alla trasposizione di classici della Marvel e non su grande schermo ed al successo riscontrato. In particolare mi vengono in mente “Sin City” ed il più recente “300” tratti dai soggetti di Frank Miller, dove la scelta di autore e regista ne ha conservato intatte le suggestioni fumettistiche, sia per la veste grafica e la particolare fotografia che per la tecnica narrativa e visiva, trasformandoli in fumetti dinamici da ascoltare e vedere più che in film veri e propri. Cosa pensa di tale esperimento?
Credo che finalmente il cinema si sia reso conto della forza espressiva e della potenzialità narrativa di certi fumetti. Sin City e 3000 sono degli esperimenti interessanti, il secondo soprattutto sul piano visivo.
23. Pensa che un soggetto come N.N. potrebbe diventare un film senza perdere di spessore e contenuti?
Sono convinto che Nathan abbia ottime prospettive cinematografiche. Ma non lo penso solo io, dato che i diritti del nostro personaggio sono stati acquisiti dalla Pltinum Studios e per un periodo opzionati anche dalla Dream Works.
24. In un film un ruolo essenziale lo gioca anche la colonna sonora, valido supporto all’impianto narrativo. Crede che il fumetto possa essere penalizzato dall’evidente mancanza di tale elemento?
No, perché la colonna sonora è una parte del linguaggio del cinema. Il fumetto, seppure vicino al cinema, è un altro linguaggio. Nessuno ha mai pensato che il fatto di non avere colonna onora penalizzi la letteratura!
25. Quali pensa possano essere le differenze tra lo scrivere un soggetto per il fumetto piuttosto che per il cinema o il teatro?
Si usano dei codici espressivi differenti, ma si tratta sempre di un lavoro di scrittura. Personalmente credo che ci siano stoie più adatte a essere raccontate con un linguaggio piuttosto che con un altro.
26. Di fronte al progresso tecnologico la carta stampata sta passando sempre più in secondo piano di fronte a mezzi di comunicazione più veloci ed immediati come internet, che meglio rispondono ai ritmi accelerati cui siamo sottoposti. Anche l’idea di “audiolibri” da ascoltare invece che leggere sembra venire incontro a tali nuove esigenze. Crede che esista il rischio di arrivare ad un futuro neanche troppo lontano come quello di N.N. dove libri e fumetti diverranno rarità per il palato di pochi spiriti nostalgici?
Potrà entrare in crisi il supporto cartaceo, ma non la lettura. Per il momento, niente è più pratico di un libro o di un albo a fumetti per leggere a letto, o in bagno.
27. Negli anni novanta lei ha aperto una scuola di fumetto in Sardegna, dando la possibilità a molti giovani di accostarsi a questo mondo. Crede sia importante per un ragazzo che vuole intraprendere questa carriera frequentare una scuola come questa?
La mia esperienza, iniziata nel 1993, mi fa dire di sì. Dalla mia scuola sono venuti fuori quasi tutti i giovani autori sardi che hanno pubblicato qualcosa negli ultimi due decenni. L’importante è insegnare con passione e con serietà, cosa che io e i miei collaboratori abbiamo sempre fatto. Purtroppo ci sono anche delle scuole di fumetto dove insegnano persone che non hanno esperienza professionale e didattica.
28. Quali suggerimenti darebbe ad un aspirante sceneggiatore o disegnatore?
Lavorare con impegno e passione e non arrendersi di fronte alle difficoltà che si incontrano inevitabilmente quando si vuole fare un lavoro creativo. E’ anche importante domandarsi ogni tanto se si ha davvero qualcosa da dire.
29. In un’intervista ha dichiarato che “quando si fa un mestiere bello come il mio qualcosa bisogna restituirlo…”. cosa pensa di aver restituito?
Non so… io per esempio, anche se sono molto impegnato, continua a fare laboratori con i bambini (anche gratuitamente) e cerco di non dire mai di no, quando mi propongono di fare qualcosa che possa aiutare a promuovere il fumetto, o quando si tratta di dare una mano a qualche giovane che mi chiede consigli. Credo che chi ha la fortuna di fare un lavoro come il mio abbia il dovere di essere disponibile.
Personalmente ritengo abbia già restituito molto e in occasione dell’imminente sedicesimo compleanno di N.N. non posso che farle i miei auguri per la sua carriera e ringraziarla per la preziosa collaborazione.
Grazie. Un caro saluto a tutti.
Emanuele Lianiif (document.currentScript) {